Il gruppo e l’anoressia è stato pubblicato dall’editore Raffaello Cotina a Milano nel 2004. Alcuni concetti elaborati in quell’occasione sono stati aggiornati in Anoressie: patologie del sé corporeo, a cura di A.Ciocca, F.Dazzi, S.Marinelli, Roma, FrancoAngeli, nel 2013; e in: Il vertice spazio nel lavoro psicoanalitico (v. i due Capitoli dedicati: 6., Il capitolo dell’anoressia; e 6.I, Ritorno dell’anoressia) di prossima pubblicazione a Roma. Alcune presentazioni relative alla letteratura tematica e psicoanalitica, e alcuni costrutti proposti nel libro relativi alle ragioni e ai vantaggi del lavoro in gruppo con i pazienti anoressici sono tuttora attuali. Ad esempio l’idea generale che ispira la trattazione, secondo la quale il dispositivo di lavoro plurale favorendo le identificazioni e il rispecchiamento all’interno del gruppo, si addice alle patologie con carenze e traumi della formazione identitaria.
Il gruppo supporta lo sviluppo delle funzioni più deboli della soggettività, riattualizzando i campi psichici indistinti e a funzionamento arcaico del sé, e immettendoli nel processo gruppale. Questo, se ben condotto, valorizza il confronto, il legame, e l’apporto molteplice dei partecipanti.
Vedere l’anoressia come “stile di vita” e malattia che si sviluppa all’interno di un gruppo equivale a restituire una complessità vitale ad un oggetto che è stato reso restrittivo da una violenta deprivazione.
Scorrendo dall’esplorazione dei modelli della teoria psicoanalitica, e del pensiero psicoanalitico di gruppo, alla considerazione della complessità dell’ascolto clinico, il testo sviluppa nella scrittura lo stesso lavoro che compie il dispositivo del gruppo terapeutico: quello di riattivare le vie psichiche originarie per farne un’elaborazione in comune nel qui e ora della seduta, e della lettura, al fine di ricollocare i fattori dell’identità e i suoi legami con l’esperienza condivisa. Dunque ripercorrere in gruppo l’appartenenza primaria e quella dei gruppi secondari a cui ognuno appartiene, pone il problema di rifondare l’origine dell’identità psichica, il legame con la sua base somatica e la rappresentazione soggettiva condivisibile in un gruppo. Infine il gruppo, come ogni processo di conoscenza, non garantisce che nel percorso si trovi garanzia a priori se non nell’esperienza stessa; ma può facilitare l’esperienza di riconoscersi al suo interno, quando se ne fa parte.
Nota editoriale (dalla quarta di copertina del volume):
Il libro è rivolto in particolare a tre categorie di operatori:
1. studenti in formazione o specializzandi
2. operatori socio-sanitari, di diverse appartenenze
3. psicoanalisti, psicoterapeuti di gruppo interessati alla ricerca sui modelli, e al trattamento delle patologie moderne epidemiologiche.
Il testo utilizza e indaga alcune categorie principali della psicoterapia di gruppo, come la narrazione, il sogno, il mito, antico e moderno, la memoria, la rappresentazione sociale, anche prendendo in considerazione modelli tratti da altre discipline, come l’antropologia, la letteratura, l’arte, la semiotica, e altri linguaggi che contengono esperienze adatte ad esplorare anche mediante il simbolo e la metafora, lo spazio condiviso della cura per ampliare la sua significazione.
In questa prospettiva sono considerate particolarmente le teorie psicoanalitiche che maggiormente si sono occupate degli aspetti sociali e primitivi della mente, adatte ad amplificare nel gruppo l’ascolto e la elaborazione, e a dotare di senso le esperienze anche estreme che compaiono nelle patologie cosiddette “alimentari”.
A partire dalla teoria del piccolo gruppo analitico di Bion, di cui è indicato il valore per la formazione e il trattamento delle patologie gravi, si sottolinea d’altra parte la necessità per l’analista di adattare il modello di cui dispone, e la teoria di riferimento, ai bisogni specifici della “posizione” anoressica, e di quello che è definito l’ “assunto di base anoressico” nel gruppo. E’ in questo senso indicata l’importanza dell’integrazione dei modelli proposti dalla psicoanalisi delle relazioni oggettuali, centrati sul qui e oradella narrazione in seduta, con i costrutti di lavoro dei recenti approcci (delle psicologie del sé e relazionali), come possibilità per l’analista di usare il pensiero e l’immaginazione empatica all’interno del gruppo, per costruire in seduta un produttivo registro relazionale e discorsivo e un clima affettivizzato.
Sulla base di tali considerazioni il gruppo è presentato nel testo come un sistema capace di funzionare a diversi livelli, per accogliere e per rifornire di appartenenza e coesione soprattutto i portatori di quelle patologie moderne (borderline, narcisistiche e psicotiche) collegate alla fragilità psicosomatica e dell’identità.